Piazza Armerina è un comune di 21.040 abitanti della provincia di Enna, nella Sicilia centrale famoso nel mondo per i mosaici romani della villa del Casale
La cittadina è nota per far parte dei cosiddetti "comuni lombardi" di Sicilia, il cui vernacolo (appartenente al gruppo cosiddetto "gallo-siculo") ha poco a che fare con gli idiomi indigeni e molto invece con quelli delle regioni settentrionali piemontesi, specie delle zone del Monferrato.
Il fatto è spiegabile storicamente per essere stata distrutta la precedente cittadina di Piazza - edificata dal re normanno Ruggero II di Sicilia su un precedente insediamento greco-romano (forse Platea/Plutia) - da re Guglielmo I di Sicilia per punirla della sua ribellione capeggiata da Ruggero Sclavo,figlio illegittimo del Conte Simone aleramico ,che in pratica aveva trucidato la popolazione araba.
Successivamente essa fu ricostruita più in alto da Guglielmo II sul colle Armerino e ripopolata con genti provenienti dalle aree "longobarde" settentrionali.
Il dialetto è stato studiato fra gli altri da Remigio Roccella che ha provveduto a stilare un Vocabolario della lingua parlata in Piazza Armerina (Caltagirone, 1875 e successiva riedizione di Forni, Bologna, 1970) ma si possono ricordare anche i contributi di Litterio Villari (Storia della città di Piazza Armerina - L'antica Ibla Erea, Piacenza, La Tribuna, 1973).
A proposito delle origini piemontesi (anzi “monferrine”) di Piazza Armerina potrebbe riscontrarsi non solo l’uso del dialetto gallo-siculo con le altre notizie storiche variamente confermate ma anche una qualche aneddotica analogia tra un lemma del quale riparleremo e la leggenda che, sulla etimologia del nome Monferrato (in piemontese "mònfrà"), narra come nel 961 d.C. l'allora Conte Aleramo dovesse cavalcare con il proprio cavallo un giorno intero per delineare i confini del futuro suo feudo (che diventerà marchesato) che avrebbe ricevuto in premio da Ottone I per i suoi servigi resigli. In quel giorno sembra che il cavallo di Aleramo perdesse un ferro e il cavaliere, non avendo niente di meglio per rimediare, usasse lì per lì un mattone trovato per terra e, con questo legato allo zoccolo del suo destriero, in guisa di ferratura, al fine di riprendere il suo viaggio. In piemontese il mattone viene chiamato usualmente "mòn" e da lì a "mònfrà" (ferrato con mattone) e quindi "Monferrato", il passo sarebbe breve ! Ma ci sarebbe di più. Risulta infatti che le origini di una particolare etimologia siciliana che indica il mattone siano appannaggio esclusivo di Piazza Armerina e dintorni: in quei luoghi il mattone da costruzione viene usualmente chiamato “zucculettu” che, tradotto in italiano, può suonare più o meno come “piccolo zoccolo”: ecco ritornato lo zoccolo del cavallo di Aleramo e, in qualche modo, riconfermate le origini piemontesi di Piazza Armerina.